Leandro Giribaldi presenta, per la rassegna “Che cos’é il Cinema“
L’UOMO CON LA MACCHINA DA PRESA (Čelovek s kinoapparatom , 1930)
REGIA: Dziga Vertov
SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Dziga Vertov
FOTOGRAFIA: Mikail Kaufman
MONTAGGIO: Dziga Vertov
PRODUZIONE: Vseukrainske Foto Kino Upravlinnia
ORIGINE: URSS; DURATA: 68’
INTERPRETI: Mikail Kaufman e vari
Dall’alba al tramonto la giornata di un cine-operatore che nella grande città (Odessa) riprende scene di vita quotidiana, anche con angolazioni insolite.
Dziga Vertov (1896-1954) che vuole dire “trottola” in lingua ucraina, era lo pseudonimo di David Kaufman il quale considerava il cinema di finzione espressione della cultura borghese, per cui il documentario era l’unica forma cinematografica che avesse un senso dopo la Rivoluzione d’Ottobre.
L’uomo con la macchina da presa è il compimento massimo della teoria del Cine-occhio (Kinoglaz) che Vertov aveva messo a punto nei primi anni Venti: “Filmare fatti. Selezionare fatti. Agitazione mediante i fatti. Propaganda mediante i fatti. Scoppi di fatti! Masse di fatti! Uragani di fatti. E piccoli fatterelli isolati. Contro i cine-sortilegi. Contro la cinemistificazione. Per una autentica cinematizzazione dell’URSS operaia e contadina.”
Ma L’uomo con la macchina da presa è anche un inno alla tecnica cinematografica, con oltre 1700 inquadrature fatte con ogni tipo di angolatura, doppie esposizioni, riprese oblique, ralenti, velocizzazioni, split-screen, ecc. Ed è naturalmente un capolavoro di montaggio che si inserisce in quelle tendenze dell’arte di avanguardia degli anni Venti che si riferiscono a futurismo e costruttivismo. Il film non fu capito dai vertici del partito, fu accusato di estetismo e di formalismo (accusa infamante in quel contesto).
Non fu capito neanche in Occidente e cadde nell’oblio insieme al suo autore. Oggi L’uomo con la macchina da presa è considerato una delle massime espressioni dell’arte cinematografica.
L. Giribaldi