via Reginaldo Giuliani, 374 Firenze

IL RAGAZZO SELVAGGIO sabato 27 aprile ore 18:00 – lingua originale con sottotitoli


per la rassegna CINEMA E LETTERATURA Leandro Giribaldi presenta

REGIA: François Truffaut

SOGGETTO: da Memoire et rapport su Victor de l’Aveyron di J. Itard

SCENEGGIATURA: François Truffaut, Jean Gruault

FOTOGRAFIA: Nestor Almendros

MUSICA: Antonio Vivaldi

INTERPRETI: Jean-Pierre Cargol, François Truffaut

ORIGINE: Francia 1970 DURATA: 83’

Agli inizi del 1800, un ragazzo selvaggio (Cargol), dall’apparente età di dodici anni, viene catturato nei boschi dell’Aveyron, nel sud della Francia. Vissuto come un animale per tutta l’infanzia, isolato dalla società, il ragazzo è incapace di comunicare con gli altri uomini. Suscita curiosità e scherno e viene affidato all’Istituto dei sordomuti. Un medico illuminista, Jean Itard (Truffaut), non è convinto delle diagnosi senza speranza dei colleghi e pazientemente cerca di rieducare il giovane selvaggio alla civiltà, insegnandogli le basi del linguaggio.

Il nono lungometraggio di Truffaut è un film cardine nella sua filmografia ed uno dei più commoventi. Affascinato da sempre dai diari, dalle confessioni intime, la relazione medico-scientifica con riflessioni pedagogiche, umanistiche e filosofiche del medico Jean Itard sul caso di Victor, il ragazzo selvaggio dell’Aveyron, non poteva non interessarlo. È il primo film nel quale Truffaut decide di assumere il ruolo di protagonista e quanto sentisse intimamente la storia lo descrive lui stesso quando, dovendo ancora decidere chi fosse l’attore che avrebbe interpretato il ruolo del dott. Itard, si sentisse “già geloso di quell’intermediario che l’attore sarebbe stato tra me e il ragazzo. Dal giorno in cui ho deciso di interpretare Itard, il film ha acquistato per me una ragion d’essere definitiva.”

Dopo una serie di film a colori, Truffaut torna a girare in bianco e nero come se, dovendo raccontare una storia sull’origine del linguaggio, sentisse di dover tornare anche alle origini del cinema, la sua salvezza, insieme alla letteratura, dalla vita bruta e senza speranza.

L. Giribaldi


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